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giovedì 17 gennaio 2013

Ancora qui, ancora tu Quentin Tarantino

il regista Quentin Tarantino
DiCaprio mefistofelico. Waltz ironico bounty killer. Foxx volitivo giustiziere. Lì nel mezzo, sangue e razzismo. Quentin Tarantino è uno strano personaggio. 

di Luca Ferrari

Fattosi passare/dipinto come disinteressato al mondo impegnato attorno a sé e concentrato solo a splatter e telecamera, si narra che fu proprio il regista di Pulp Fiction a insistere perché al Festival di Cannes 2004 della cui edizione era Presidente di giuria, la Palma d’oro venisse consegnata a Michael Moore per Fahrenheit 9/11.

E mentre oggi Steven Spielberg prende Daniel Day-Lewis e lo veste da Lincoln (2013) per mettere fine alla schiavitù raccogliendo consensi da tutte le latitudini, Quentin va come sempre per la sua strada. Con meno epica e più unghie tagliate. Innescando  tagliole e vendetta con quel genere che ha sempre amato. Mettendoci dentro perfino uno dei suoi eroi, Franco Nero. Oggi nelle sale italiane è il giorno di Django Unchained (2013).

Razzismo. È ancora di pelle o è solo economico? Gli eroi "tarantiniani", se così si vuol chiamarli, non sono certo i puri Albert Narracott (Jeremy Irvine) di War Horse. Sono i bastardi con un po’ di gloria. Quelli che fanno il lavoro sporco perché il mondo perbenista possa continuare a sorridere credendo in massa a chissà quale fantomatica giustizia.

Le leggi del mondo di Tarantino non le fanno le aule di tribunale, o meglio non sono loro ad applicarle. E cosa dovrebbero fare oggi i Django moderni? Ce ne sono troppi, e sono tutti dannatamente diversi. Troppe filosofie. Troppi religioni. Troppe menzogne, e all’uomo non resta che portare avanti, egoisticamente, la sua guerra personale. Tutt’al più troverà un amico con cui condividere, per ragioni diverse, le stesse ombre di schiavitù e rendenzione. Forse.

Django Unchained (2013) di Quentin Tarantino

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