!-- Codice per accettazione cookie - Inizio -->

venerdì 17 maggio 2013

Mi rifaccio vivo, destinazione Sergio Rubini

Mi rifaccio vivo - Ottone (Neri Marcorè) e Dennis (Emilio Solfrizzi)
Passerella tra la vita e la morte, felicità e abisso. Un cast corale quello di Mi rifaccio vivo abilmente diretto da Sergio Rubini e tutto da apprezzare.

 di Luca Ferrari

Mettiamo subito “un paio” di concetti in chiaro. Assistere alla proiezione del film Mi rifaccio vivo (2013, di Sergio Rubini) porta a una serie di riflessioni e desideri:
  1. la certezza che l’Italia non partorisce solo fiction scadenti e commedie forgiate dalla muffa dei luoghi comuni romanesco-milanesi 
  2. Emilio Solfrizzi è un attore sprecato nel Belpaese 
  3. il regista/attore Sergio Rubini sarebbe potuto essere un ottimo Bill Jarmusch o Jim Murray, come vi pare 
  4. dopo l’ennesimo ruolo di nevrotica, bramo in modo impellente di vedere Margherita Buy nei panni di Lara Croft che spara, si lancia da aerei in fiamme e prende a calci e pugni omaccioni pericolosi 
  5. se siete fumatori semplici, medi o incalliti, accendetevi almeno due sigarette prima di entrare in sala perché proverete presto un’irrefrenabile desiderio di gustarvene una (più di una)
Sorrisi da seconda chance in chiave La vita è meravigliosa (1946, Frank Capra). Un aldilà che celebra Prossima Fermata: Paradiso (1991, di Albert Brooks con Meryl Streep). Un’umanità degli interpreti da The Family Man (2000, di Bret Ratner con Nicolas Cage). Semplicemente, Mi rifaccio vivo (2013, di Sergio Rubini.

Che il pugliese Sergio Rubini, il recente “Gerry” deus ex machina dell’elezione a sindaco di Cetto La Qualunque (Antonio Albanese), sia un’anima poetica del cinema italiano, è indubbio. Nella sua nuova prova da regista, a quattro anni di distanza da L’Uomo Nero (2009), riesce nell’impresa di plasmare sentimenti neri come l’invidia, il suicidio e la vendetta in un viaggio a ritroso nella vita, lasciando venire/ritornare a galla (è proprio il caso di dirlo) la spensieratezza/voglia di provarci comunque.

Gettatosi nel lago con un masso al collo, Biagio Bianchetti (Lillo) viene condotto in taxi (al volante Enzo Iacchetti) nell’imponente residenza eterna. Un aldilà a gestione “comunista” con Carl Marx a smaltire i nuovi arrivati: i più meritevoli sistemati al 2° piano, i più lazzaroni nel seminterrato. Tra questi ultimi c’è Biagio, imprenditore semi-suicida ma con un passato di bambino buono, nato da una famiglia hippy e cambiato dal giorno in cui nella sua vita irruppe l’apparente impeccabile Ottone Di Valerio (Neri Marcorè).

Un gesto di carità più o meno sincero a un barbone (Sergio Rubini) poco prima di farla finita gli fa guadagnare un bonus di una settimana per tornare sulla Terra, e così sancire una volta per tutte quale sarà la sua collocazione finale. Le sue nuove sembianze sono quelle del supermanager Dennis Ruffini (Emilio Solfrizzi), neo-assunto da Ottone. Ma a dispetto delle angeliche buone azioni promesse, non aspetta altro che ripagare l’acerrimo nemico di tutte le ingiustizie subite.

La verità che scoprirà però sarà ben diversa. Ottone è un ansiogeno. Insicuro. Umiliato dal padre olimpionico in giovane età. Da anni in analisi dalla psicologa Amanda (Valentina Cervi), ora innamoratasi di lui. Chiuso in un matrimonio senza amore (e sesso da tre anni) con la moglie Virginia (Margherita Buy), debole e con poca autostima che per risvegliare certe passioni si è gettata con timida circospezione nella visione di film porno (e tra le braccia di Ruffini). 

Nel proprio egoismo e alla disperata ricerca di superare sempre il rivale, Biagio si dimentica della propria di moglie, Sandra (Vanessa Incontrada), ora alle prese con un debito da milioni di euro con il mafioso avvocato Mancuso (Gianmarco Tognazzi).

Scontri, confessioni e risate. Anche per Ottone arriva il momento di tentare di farla finita, ma sarà lo stesso antagonista a impedirglielo. E quando sono seduti in cima a un palazzo, dopo aver rischiato entrambi di crepare, la sigaretta fumata prima e l’urlo successivo poi su quanto in realtà disprezzi la cucina giapponese, strappa i due protagonisti all’età del consumismo e della scalata al successo, e li riporta bambini in riva al mare che giocano felici e spensierati dopo un litigio.

Dicono che la vita non sia mai come la sogniamo da piccoli/adolescenti. Sergio Rubini invece ci racconta un’altra storia. Senza note stonate né fasulle. Sergio Rubini ci racconta qualcosa che tutti abbiamo già vissuto almeno una volta. A eserci mancato semmai, è stata una risata spensierata quando tutto doveva essere finito. Un segno per ricominciare.

Il trailer di Mi rifaccio vivo

Mi rifaccio vivo - Sandra (Vanessa Incontrada) e Biagio (Lillo)
Mi rifaccio vivo - Amanda (ValentinaCervi)
Mi rifaccio vivo - Virginia (Margherita Buy) e Dennis (Emilio Solfrizzi)

Nessun commento:

Posta un commento