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giovedì 17 aprile 2014

Grand Anderson Hotel

Grand Budapest Hotel - Gustave (Ralph Fiennes)
Ripetitiva e sempre la medesima poetica stravaganza del vivere quotidiano. Il cinema di Wes Anderson è lì dov'è già stato, Grand Budapest Hotel (2014) incluso.

di Luca Ferrari

Una linea retta. Segmentata. Consapevole della propria reiterata calamita interiore. Alza la mano, abbassa la gamba. Sdoppiati. Animati. Guardami. Rimedia. Determina. “Bellissimo. Imperdibile”. I commenti appena fuori dalla sala si sprecano per Grand Budapest Hotel (2014, di Wes Anderson). Sarà vero? Non resta che vederlo.

Ma la domanda che mi attanaglia è sempre la stessa: riuscirà a superare per qualità l'impareggiabile I Tenenbaum (2001)? La risposta è no. Il regista texano è ancora schiavo del suo modo di fare cinema. Sempre con mille attori dai nomi altisonanti. Primi piani. Sequenze da cantastorie. Personaggi surreali e una storia più o meno intrigante.

Ispirato alle opere dello scrittore viennese Stefan Zweig (1881-1942), Grand Budapest Hotel vede al centro della scena il concierge Gustave H. (Ralph Fiennes), donnaiolo e focoso amante di anziane ospiti della prestigiosa struttura alberghiera in una non bene precisata località dell'Europa Orientale pre-I Guerra Mondiale.

Morta la sua più devota (e vetusta) innamorata, Madame D. (Tilda Swinton), ecco che insieme al fedele lobby boy Zero Mustafa (Tony Revolori) si reca a renderle omaggio, scoprendo di aver ereditato il suo quadro più prezioso. La cosa ovviamente fa andare su tutte le furie il figlio di lei, Dmitri (Adrien Brody), che farà di tutto perché l'intera eredità resi lì dov'è, incluso dare totale licenza di uccidere Gustave al perfido Jopling (Willem Dafoe).

Con la montata accusa di aver assassinato l'anziana donna, Gustave viene imprigionato dal ligio ispettore di polizia Henckels (Edward Norton). Qualche dolcetto “imbottito” dopo, riuscirà a fuggire con la complicità del galeotto Ludwig (Harvey Keitel) e da fuori le sbarre, di Zero e la sua giovanissima neo-sposa Agatha (Saoirse Ronan), pasticcera da Mendel's. Gustave ora punta deciso alla verità e al testamento di Madame D.

Preceduto da un intro dell'autore stesso (Tom Wilkinson), la storia viene scandita dal racconto dell'ormai adulto Mustafa (F. Murray Abraham) che, nel Budapest Hotel ancora attivo ma decaduto e di cui è oggi il ricco proprietario, racconta tutti i dettagli a un giovane e curioso scrittore (Jude Law).

Nella fiaba Andersoniana l'adulto e il bambino si scambiano i ruoli. "Tenembauamente" Raleigh St. Clair (Bill Murray) e Dudley Heinsbergen (Stephen Lea Sheppard), Zero e Gustave si avvicendano. Si sorpassano. C'è sempre qualcuno da proteggere. Qualcuno da salvare. La fisica è spesso un dettaglio, il piacere cui tendere, quasi mai. Gustave e Zero non sono eroi. Semmai i più improbabili curatori di un mondo circoscritto già votato all'auto-distruzione, e sempre all'affannata ricerca di coscienza e barlumi d'amore.

Nella carrellata di celebri attori che affollano il Grand Budapest Hotel, timbrano anche il cartellino Jeff Goldblum nei panni dell'avvocato Kovacs, quindi i concierge Bill Murray (M. Ivan, collega di Gustave), Bob Balaban (M. Martin, vedi precedente), Jason Schwartzman (l'attuale concierge svogliato dell'albergo ormai in declino), e ovviamente Owen Wilson (Chuck, il concierge che prende il posto di Gustave mentre è in prigione).

Curioso poi come, restando in tema di apici raggiunti nel passato dal regista, uno degli attori protagonisti sia proprio F. Murray Abraham, l'indimenticabile Salieri di Amadeus (1984, di Milos Forman) con cui vinse il premio Oscar come Miglior attore protagonista. Un film quest'ultimo capace di sbancare gli Academy (8 statuette conquistate e altre 3 nomination) e con altrettanta potenza, far svanire nell'oblio i due attori principali, Murray appunto e Tom Hulce nei panni del geniale compositore austriaco.

Intervallati dal più intrigante Il treno per Darjeeling (2007), le precedenti produzioni Andersoniane sono state al limite della sufficienza: Le avventure acquatiche di Steve Zissou (2004) e Moonrise Kingdom - Una fuga d'amore (2012). Wes non sa osare. Si è costruito un guscio ad hoc e lì se ne sta. Sguazza beato. Tirando le trecce alla suo ruscello di  assurdo realismo. Grand Budapest Hotel farà la fortuna tra i suoi ammiratori, ammalierà chi lo scoprirà per la prima volta. Annoierà chi vorrebbe di più. Ma forse, curiosamente, non ne ha.

Grand Budapest Hotel - Zero (F. Murray Abraham) e lo scrittore (Jude Law)
Grand Budapest Hotel - Gustave (Ralph Fiennes) e Zero (Tony Revolori)
Grand Budapest Hotel - Zero (Tony Revolori) e Agatha (Saoirse Ronan

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