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venerdì 12 giugno 2015

Pitza e datteri, Islam e libertà

Pitza e datteri (2015, di Fariborz Kamkari)
Un giovane imam viene mandato a Venezia per aiutare l’imbranata e sfrattata comunità musulmana. Tra fede e modernità, Pitza e datteri (di Fariborz Kamkari).

di Luca Ferrari

Islam
, integrazione e progressismo, il tutto immerso nei problemi della vita quotidiana di una Venezia popolare dove la comunità musulmana locale non ha più una sede dove riunirsi e pregare. Per di più la neo-proprietaria dell’edificio, Zara (la franco-africana Maud Buquet) è una decisa donna d’affari che ha trasformato il loro luogo di fede in un salone di bellezza unisex per pagare i debiti del marito (arrestato). In loro soccorso arriva direttamente dall’Afghanistan, il giovane imam Saladino (l’attore calabrese-magrebino-parigino cresciuto a Treviso, Mehdi Meskar). A ben guardare però, un po' troppo giovane e soprattutto inesperto.

Dopo la pregevole opera I fiori di Kirkuk (2010), il regista curdo Fariborz Kamkar dirige Pitza e datteri (2015), distribuito da Bolero Film.

Perni della comunità islamica, il presidente Karim (Hassani Shapi), un egiziano italianizzato, Bepi (Giuseppe Battiston), veneziano convertito all'Islam, l'immigrato curdo Ala (il siciliano Giovanni Martorana), la musulmana progressista Fatima (l’italo-africana Esther Elisha) e il pizzaiolo Aziz (Gaston Biwolé), sposato con una ruspante veneziana più interessata al sesso che non alla preghiera. Ma chi sono questi uomini e donne? Persone semplici alla ricerca il del proprio posto nella vita, con i propri limiti e paure. C'è chi è già pronto a cambiare, e chi più legato al passato. E si battono per questo. Come chiunque altro al mondo.

Scherzando con certi estremismi ma senza mai venire meno al rispetto per il credo, la pellicola scorre piacevole senza lesinare gag divertenti, con l’imponente Battiston in prima linea e in strabordante stato di Oliver Hardy (il giorno che troverà uno Stan Laurel moderno formerà una coppia che potrebbe ridisegnare la comicità italiana, ndr). In fuga dall’inflessibile funzionario Lo Turco (Leonardo Castellani) con lo sfratto esecutivo in mano, la sua goffa corsa è supportata da poco eleganti improperi in dialetto (su tutti basime il cueo - trad. "baciami il c***").

A sorridere però si comincia fin dall’inizio della pellicola, con l’ancor più maldestro tentativo dei fedeli di impedire alle forze dell’ordine di arrestare un loro compagno (il marito di Zara), proprio nel momento della preghiera in collegamento skype con un imam dall'Egitto. Nel più classico (e inevitabile) degli scontri familiari poi, Karim prova a chiudere la figlia in camera per non farla vedere a Saladino con gli empi vestiti occidentali, e addirittura mettendo un burqua alla moglie che non essendo troppo pratica, va a sbattere contro la porta poiché sprovvista di buchi per gli occhi. 

Emblematica la figura dell'imam, passato dai deserti afgani alle acque della laguna senza alcuna esperienza per salvare una situazione che, “forse”, è più semplice di quanto si possa immaginare. La sola ragione per cui è stato mandato è che conosce l’italiano imparato in un ospedale di Kabul. E così, dall’alto della sua ingenuità, passa dal proporre candidamente la lapidazione di Zara a sposare in pieno le richieste delle mogli musulmane, desiderose anch’esse di avere un ruolo attivo nella loro comunità.

Bepi invece è un uomo profondamente insicuro che ha bisogno di sposare i precetti più rigidi della religione per dare un senso alla propria vita. Segnato dal precoce abbandono paterno e ultimo erede di un nobile casato veneziano ormai decaduto, nelle sue parole più riottose traspare un ingenuo tentativo di crociata contro il sistema degno della politica più pacioccona del PepponeGuareschiano. Ce l’ha con le banche, con i costumi occidentali. Cerca un mondo che lo accolga, e alla fine lo troverà. Di nuovo.

Girato interamente a Venezia in particolare nel sestiere di Cannaregio, Pitza e datteri è un viaggio nella città poco turistica con incursioni lungo la Fondamenta degli Ormesini, il campiello di Santi Apostoli e altre zone poco distanti e meno in vista, il tutto scandito dalle note multietniche dell’Orchestra di Piazza Vittorio. Curiosità, il salone di Zara, situato fronte il Rio della Misericordia, è a due passi dal primo ristorante afgano-pachistano di Venezia, inaugurato qualche anno fa.

Tra ironia e riflessioni (malinconica la frase di Karim durante la ricerca di una stanza, Appena dico che è per pregare l’Islam mi dicono di no), Pitza e datteri lascia emergere la voglia/realtà di confrontarsi e proseguire il cammino insieme anche se non si è sempre d’accordo. Ognuno con la propria fede, ma comunque insieme. Sotto lo stesso cielo. Nella stessa città cosmopolita.

Guarda il trailer di Pitza e datteri

Pitza e datteri - Saladino (Mehdi Meshkar),
il presidente della comunità Karim (Hassani Shapi) e Ala (Giovanni Martorana)
Pitza e datteri - Saladino (Mehdi Meshkar) e Bepi (Giuseppe Battiston)
Pitza e datteri - Saladino (Mehdi Meshkar) fra le donne musulmane
Pitza e datteri - la parrucchiera Zara (Maud Buquet)
Pitza e datteri - Bepi (Giuseppe Battiston)

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