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venerdì 12 febbraio 2016

The Hateful Eight, le iene del West

The Hateful Eight - (Samuel L. Jackson) e (Walton Goggins)
Mischiare generi è una cosa, farlo con i propri film è un’altra storia. Il nuovo film di Quentin Tarantino, The Hateful Eight, è un lungo mix tra Le iene e Kill Bill.
Hanno chiesto di essere odiosi. Di andare cinema a vedere The Hateful Eight (2015, di Quentin Tarantino) con qualcuno che si odi. Io ci sono andato da solo. E vabbeh, se vogliamo giocare all'allegro psicologo, c’è sempre un po’ di odio verso noi stessi per qualcosa che avremmo voluto fare diversamente. Ma alla resa dei conti l’odio l'ho provato anch’io. E l'ho sentito per perso tempo con un film in pratica già visto, spalmato in opere dirette dallo stesso regista ma (quelle) di gran lunga più interessanti.

Wyoming (Stati Uniti). Sono gli anni del post-Guerra Civile dove i neri sono ancora negri. Un mondo spietato dove le buone intenzioni del presidente Lincoln non bastano a sanare le cicatrici dell’odio e della discriminazione razziale (per altro ancora oggi presenti, ndr). In mezzo a questo semi-nulla, una carrozza avanza nella neve. Due soli passeggeri: il cacciatore di taglie John Ruth (Kurt Russell) detto "il boia", e la futura condannata a morte Daisy Domergue (Jennifer Jason Leigh).

La loro destinazione è la città di Red Rock ma causa bufera la diligenza sarà costretta a fermarsi presso l'emporio di Minnie. Ai due passeggeri e il cocchiere O.B. Jackson (James Parks) nel frattempo si sono aggiunti altri due soggetti: il Maggiore Marquis Warren (Samuel L. Jackson) e il futuro sceriffo della suddetta cittadina, Chris Mannix (Walton Goggins). Parola d’ordine: nessuno si fida di nessuno e le buone maniere non si usano, donne incluse.

Ad attenderli nella locanda altri ambigui personaggi: l’inglese Oswaldo Mobray (Tim Roth), il silenzioso mandriano Joe Gage (Michael Madsen), il Generale confederato Sanford Smithers (Bruce Dern) e il gestore dell'emporio, Bob (Demián Bichir), messicano a cui i proprietari ne hanno affidato la custodia in loro assenza. A questi nel corso della storia si aggiungerà anche Jody (Channing Tatum).

Bianca la neve fuori. Nero l'umore dentro. Lo spazio è chiuso ma la claustrofobia non fa mai la sua comparsa. Ci sono singoli e fazioni (evidenti e non). Ci sono bugie. Pistole cariche e (quasi) tutti vorrebbero usarle. Sale la tensione. Inevitabili gli scontri bianchi-nero. Ci sono esponenti di una guerra appena terminata che ha fatto una carneficina. La politica rimane fuori e così pure gli ideali. I legami familiari e l’attaccamento al denaro dettano legge. E quando dopo l’ennesima tazza di caffè trangugiata, qualcuno reagirà in modo insolito, le carte cominceranno a essere svelate.

Come i colleghi Tim Burton, Wes Anderson e David O’ Russell, giusto per citare alcuni dei più noti, anche Quentin Tarantino ha i suoi “protetti” e in questo suo 8° lungometraggio ne ripresenta parecchi, sebbene coi risultati altalenanti. Un miscuglio emblema della pochezza di questo film, capace solo raramente di proporre qualcosa di diverso e lasciando il meglio a qualche divertente battuta inzuppata di razzismo (da una parte e dall’altra).

Il regista si è sorpreso della mancata nomination agli Oscar per la Miglior sceneggiatura. Posso rispondergli io: perché non ha nulla di nuovo. È tutto già visto, e non bastano le musiche di Ennio Morricone per girare un western degno di questo nome o le sue solite inquadrature per rianimare un film nel complesso mediocre. Qualcuno mi ha fatto notare che questo è lo stile di Tarantino. Contesto: un conto è lo stile, un'altra storia (e sceneggiatura) è l’intingere da scene e film già diretti (Le iene e Kill Bill su tutti).

Da spietati negrieri in Django Unchained (2012), Samuel L. Jackson e Walton Goggins sono gl’indiscussi protagonisti di questa pellicola. Spietati ma ironici. Con la sola eccezione di Jennifer Jason Leigh (non a caso unica nominata del film agli Oscar insieme a Morricone), il resto è deserto arido e secco. Paragonato a Michael Madsen, anche le espressioni facciali di Keanu Reeves sono da Jerry Lewis. È lì solo perché c’è Tarantino. La sua faccia (mancata) da bastardo senza gloria è l’inespressività totale. Fa il suo. È Bud. È Mr Blonde. Non aggiunge nulla.


Grande delusione per Tim Roth da cui mi aspettavo decisamente meglio e anzi, avessi dovuto puntare su qualcuno a inizio pellicola, avrei scelto proprio lui. Nessuna sorpresa da Kurt Russell, la cui dieta stretta di grande schermo  (Tarantino a parte) si fa sentire. Il regista ha dichiarato che dirigerà ancora due film. Se per il prossimo devo aspettarmi un mix tra Jackie Brown e Pulp fiction o qualche sequel come impone il trend contemporaneo, può anche chiudere qua e dedicarsi ai suoi tanti e altri progetti.

The Hateful Eight - Oswaldo (Tim Roth), John Ruth (Kurt Russell) e Daisy (Jennifer Jason Leigh)

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