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venerdì 6 maggio 2016

Lo stato contro Fritz Bauer, la caccia continua

Lo stato contro Fritz Bauer - Il procuratore generale Fritz Bauer (Burghart Klaußner)
Un ostinato procuratore è deciso a stanare gli ex-nazisti fuggitivi. Un impegno che non tutti plaudono, anzi. Lo stato contro Fritz Bauer (2015, di Lars Kraume).


La peggiore delle serpi è quella che si annida nella propria tana. È proprio perché ti fidi. È proprio perché ti può spiare ogni giorno che la sua fetida presenza sa essere più letale degli effettivi criminali. Nel dopoguerra del genocidio ebraico, un coraggioso procuratore tedesco sta concentrando tutte le sue energie alla ricerca dei criminali nazisti, molti dei quali liberi come fetide carogne. Basato su fatti realmente accaduti, è uscito al cinema Lo stato contro Fritz Bauer (2015, di Lars Kraume).

Germania Ovest, fine anni ’50. In piena Guerra Fredda col Muro di Berlino a dividere gli alleati degli Stati Uniti dalle nazioni filo-sovietiche, c’è ancora un conflitto da portare a termine. Qualcosa cui il Processo di Norimberga ha solo in parte messo la parola fine. Ci sono ancora molti nazisti in libera circolazione. Non solo in Europa (su cui però la politica mostra un atteggiamento di strana tolleranza), ma anche nel resto del mondo, in particolare in Sudamerica.

Sulle loro tracce, oltre ai Servizi Segreti del neo-stato d’Israele c’è anche il procuratore generale Fritz Bauer (Burghart Klaußner), ebreo tedesco. Nei corridoi vicini al proprio ufficio però, molti funzionari anche di alto livello non vedono troppo di buon occhio il suo lavoro e sfruttano l’autorità della propria posizione per intralciarlo. In prima linea in questa missione, il filo-nazista Ulrich Kreidler (Sebastian Blomberg) e l’ex-SS Paul Gebhardt (Jörg Schüttauf).

Bauer ora sta puntando a un pesce grosso, Adolf Eichmann, l’artefice dell’organizzazione dei convogli della morte. L’uomo che organizzò i treni dei deportati verso i campi di sterminio di Auschwitz, Bergen-Belsen, Dachau, Mauthausen, etc. Arrivata l’indagine a un punto morto, un’improvvisa lettera da uno sconosciuto gli fanno riaprire il caso ma neanche il supporto del fidato collega, il procuratore Karl Angermann (Ronald Zehrfeld) è sufficiente. Bauer decide così di rivolgersi al Mossad, i sevizi segreti israeliani, macchiandosi d’inevitabile alto tradimento.

È una corsa contro il tempo e contro tutti: politici, burocrati e ostruzionisti. Una qualsiasi fuga di notizie potrebbe far nuovamente prendere il volo all’ex-gerarca. Per chiudere la partita bisogna agire in modo concreto e deciso. Bauer lo è. Che al governo del cancelliere Konrad Adenauer piaccia o meno, lui vuole Eichmann per processarlo a Francoforte, Mossad permettendo. E se la legalità non lo consente, allora al diavolo i canali diplomatici. Al diavolo il rispetto di facciata. Alle volte per sentirsi davvero guariti serve la medicina più amara. Per i superficiali è solo la vendetta di un ebreo, per chi ha davvero cuore la neo-Germania, è la ferrea volontà di scrivere un nuovo futuro.

Lo stato contro Fritz Bauer (2015, di Lars Kraume) è un film ricco di suspense, con una sontuosa interpretazione del suo protagonista principale. La sua pecca? Le note finali. Troppo poche e banali. L’epilogo di Eichmann la conosciamo tutti. Perché non dire qualcosa di più degli altri gerarchi scomparsi “nel nulla”? E che fine fa Angermann, inguaiatosi pur di spronare l’anziano collega a non abbandonare la “caccia ai nazisti”?

Il procuratore generale Fritz Bauer è un ariete. Al giorno d’oggi un’analoga crociata sarebbe soffocata sul nascere, come in Italia accadde nel 1992 ai giudici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Perché allora questo trattamento differente? La ragione è molto semplice. In quegli anni la  non si poteva certo permettere un assassinio di un procuratore che stava indagando sugli ex-criminali nazisti.

Bauer è circondato da colleghi-nemici, alcuni dei quali ex-appartenenti al Terzo Reich. Bauer viene criticato anche dai giovani tedeschi che vedono nella sua missione un gettare fango (per non dire peggio) sulla propria nazione. Un atteggiamento questo che ricorda molto le folli esternazioni dell’allora Presidente del Consiglio italiano, Silvio Berlusconi, quando disse cose analoghe sulla Mafia. Come se a tacere certe atroci realtà sparissero.

Al contrario è proprio l'autentico patriottismo di Bauer a spingerlo ad andare avanti contro tutto. Vuole sentirsi parte di una Nazione che abbia il coraggio di guardarsi allo specchio senza essere ostaggio di un’ombra DorianGreyana. Bauer vuole una Repubblica Federale Tedesca capace di affrontare l’orrore del Nazismo. Vuole una nazione capace di processare le proprie deviazioni antisemite. Bauer vuole una Germania capace di autogiudicarsi colpevole per ciò che Hitler e sua ciurma di macellai compirono in un ventennio di orrore e sangue.

Mai come quest’anno è tornato così prepotente il tema dei film sulla questione ebraica, e tutto per di più nell’anno del cinquecentenario del ghetto ebraico di Venezia. Ad aprire le danze è stato Woman in Gold (2105, di Simon Curtis), seguito dal pluripremiato Il figlio di Saul (di László Nemes). Poi è stata la volta de Il labirinto del silenzio (di Giulio Ricciarelli), film a livello temporale di poco antecedente al suddetto e con il procuratore Bauer co-protagonista. E infine, non va dimenticato Lui è tornato (di David Wnendt), inquietante lungometraggio su un ipotetico ritorno in vita nel terzo millennio del Fuhrer in persona.

I film storici al cinema mi attirano molto. Ho vissuto 13 anni di Guerra Fredda, quindi posso dire che un po' di Storia moderna ne no vissuta però è indubbio, e sarei falso se non lo scrivessi visto che a parole lo sostengo spesso, che il grande schermo si concentri ancora troppo sull’orrore nazista lasciando le briciole a conflitti e avvenimenti che meriterebbero eguale attenzione.

Alcuni esempi? Il colonialismo europeo tra Africa e Sudamerica che fu una mattanza minimizzata, per poi arrivare a tutte quelle storie, evidentemente fastidiose, del post 1945. Penso al genocidio armeno, ancora oggi negato dai suoi esecutori materiali, la Turchia, su cui di recente è uscito il commovente Il padre (di Fatih Akim), un film praticamente ignorato. Analogo comportamento per l'altrettanto toccante e lacrimevole, The search (di
Michel Hazanavicius), ambientatato nell'orrore della guerra cecena

I campi di concentramento non sono nati in Germania e dopo di allora ce ne sono stati ancora, eppure solo una minima fetta di popolazione mondiale sa qualcosa al riguardo e allora perché affianco di un’indubbia ecatombe umana, la Shoah, non si può anche parlare d’altro? Perché la Germania ogni anno deve auto-flagellarsi col Nazismo e gli Stati Uniti non fanno un mea culpa su cosa ha significato (e significa ancora) aver sganciato due bombe atomiche sulla testa del Giappone?

Lo so, lo so. Non è il cinema che può cambiare il mondo ma riflettete un momento. Un film come Lo stato contro Fritz Bauer mi ha portato a simili ragionamenti e io ho li riportati qui, con la speranza che in tanti possano leggerli e a loro volta ragionarci e discuterne ancora. Di sicuro l’ennesimo film di forzuti in tutine aderenti non porterà il pubblico a simili pensieri, anzi peggio, li convincerà una volta di più che per migliorare il mondo serva un essere fuori dalle righe e con poteri soprannaturali. È una menzogna.

Adolf Hitler era un mingherlino ometto austriaco e guardate cosa ha fatto. Fritz Bauer era un uomo di legge un po’ avanti con l’età disposto a lottare fino allo stremo per l’integrità della propria nazione, e guardate cosa ha fatto. Nessuno dei due era stato punto da insetti o sottoposto a chissà quali potenzianti esperimenti. Loro hanno cambiato il corso della Storia, chi nel male e chi nel bene. Lo stato ha provato a (ri)mettersi contro Fritz Bauer ma ha perduto.

Guarda il trailer de Lo stato contro Fritz Bauer

Lo stato contro Fritz Bauer - i filo-nazisti Gebhardt (Jörg Schüttauf) e Kreidler (Sebastian Blomberg)
Lo stato contro Fritz Bauer -
Il procuratore generale Bauer (Burghart Klaußner) e il procuratore Angermann (Ronald Zehrfeld)

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